Siamo davanti all’argomento più discusso tra tutti runner e non, che tu sia un professionista o l’ultimo dei “tapascioni”, ne avrai sentite di ogni parere, con qualsiasi tipo di studio (scientifico o meno), senza però avere una risposta pratica ed esaustiva; soprattutto la migliore per te.
Facciamo un po’ di chiarezza sull’argomento, cercando di essere obiettivi senza voler rifilare a nessuno il nuovo modello di scarpe o l’ultima generazione di plantari ergonomici termosaldati personalizzati; perché è un argomento che riguarda il corpo umano, e non c’è niente di più obiettivo riguardo il suo funzionamento (che poi ognuno ne faccia quello che vuole, è un altro discorso) il corpo è tuo ed è giusto che lo maltratti come preferisci… ci mancherebbe!
Partiamo dall’inizio… tutti possono correre? Si! Tutti sanno correre? No! O almeno, tutti da bambini sapevamo correre, poi succedono delle cose durante la nostra vita che ci fanno dimenticare un gesto, che fisiologicamente e biomeccanicamente parlando, rimane uno schema motorio di base; nessuno deve insegnare ad un bambino a camminare, a correre o ad arrampicarsi, mentre c’è bisogno dell’istruttore per imparare a sciare, per esempio…
Cosa succede quindi alla nostra Persona per far si che si dimentichi un gesto che dovrebbe essere così naturale? I motivi possono essere diversi e di diversa natura, diciamo che per raggrupparli tutti insieme e facilitarne la comprensione, possiamo dire che le abitudini che oggi la società ci impone, ci allontanano dallo stile di vita che ha contraddistinto la nostra evoluzione.
Essendo quindi uno schema motorio di base, deve essere effettuata in maniera più naturale possibile; salvo, andare incontro a problematiche fisiche. Un piccolo errore fatto una volta, rimane piccolo; ma se lo ripetiamo uguale 10/15 mila volte ogni giorno, ecco che da piccolo diventa grande, ed ecco il motivo del perché a volte qualche dettaglio può fare la differenza.
Abbiamo quindi 3 tipologie di atterraggio durante la corsa:
- Tallone (hell strike)
- Medio-piede (midfoot strike)
- Avampiede (forefoot strike)
Tralasciamo l’opzione numero 3, perché riguarda maggiormente gli sprinter e comunque discipline dove la velocità è alta e la distanza breve.
Partiamo dalla camminata, dove appoggiamo il piede a terra partendo dal tallone, non essendoci la fase di volo e una velocità discretamente ridotta, non andiamo a traumatizzare il calcagno in maniera eccessiva; anzi utilizziamo la presa di contatto a terra con il tallone perché rimane il modo più naturale, più efficiente per camminare; spendere poca energia per avanzare utilizzando la caduta in avanti e l’oscillazione laterale del bacino che permette la rullata del piede, il suo svolgimento completo e l’attivazione dell’elica podalica (detto in pochissime parole); perché è il modo naturale e fisiologico che madre natura ci ha donato.
Camminare: metodo di locomozione per andare piano.
Entriamo quindi nel vivo del nostro argomento; CORRERE.
Correre: metodo di locomozione per spostarsi velocemente, altrimenti per andare piano (ricordate vero?!) si cammina.
Detto in poche parole, cammino fino a quando riesco a sostenere la velocità desiderata, se devo andare più veloce inizio a correre. Non c’è una velocità di riferimento in senso assoluto ma è un dato molto soggettivo, c’è chi cammina a 4.00 min/km (marciatori di alto livello) e chi corre a 5.00 min/km (senza andare oltre); quindi in base alla nostra preparazione avremo un punto di rottura dove la camminata non è più economica, e dovremo iniziare a correre. Qui le forze in gioco devono spingere in avanti, non c’è più tempo per sfruttare l’oscillazione laterale e non possiamo permetterci di dissipare energia nella direzione sbagliata.
Cambiata la velocità, cambiato schema motorio, cambierà anche la biomeccanica del gesto giusto?!
Purtroppo, non sempre succede, e dagli anni ’80 in poi è nato misteriosamente uno schema motorio nuovo, che non era mai esistito negli 8 milioni di anni precedenti, da quando ci siamo alzati su due zampe per intenderci; il jogging o corsetta lenta.
Con un’operazione di marketing ben orchestrata che ha cavalcato perfettamente un fenomeno di massa che stava crescendo in tutto il mondo, iniziò a passare il messaggio che chiunque potesse correre, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione fisica.
Questo ha portato ad utilizzare lo schema motorio della camminata per correre, pensando di far meno fatica e che fosse l’unico modo possibile.
Portando avanti il tallone, atterrando sul calcagno, abbiamo una sensazione più “comoda”, ma spesso il più comodo non è il più funzionale.
Proviamo ad analizzare la meccanica del gesto, cercando comunque di contestualizzarla alle situazioni e alla persona che si approccia alla corsa per la prima volta; non siamo macchine e non si può ragionare solo a livello teorico, bisogna sempre capire dove possiamo arrivare e la strada giusta per noi.
Nella corsa abbiamo tre macro-fasi, spinta, fase di volo e atterraggio.
Atterriamo quindi dopo la fase di volo, con un carico che può arrivare fino a 2,5 volte il nostro peso corporeo;
- Atterrando sul calcagno avremo la caviglia bloccata e impossibilitata ad attutire l’impatto con il terreno, trasmettendo tutte le vibrazioni alle articolazioni sopra (ginocchio, anca e schiena).
- Atterreremo con la gamba distesa e quindi ben davanti alla linea immaginaria del nostro baricentro, con conseguente frenata ad ogni passo, prima di dover accelerare per avanzare; doppio lavoro inutile.
- Mantenendo la punta del piede verso l’alto, sarà attiva la catena muscolare anteriore, con conseguente disattivazione della sua antagonista, quella posteriore; proprio il distretto interessato per una corsa economica in elasticità.
- Abbiamo il vantaggio però di poter percorrere sicuramente più km, avendo trovato nelle scarpe da running moderne un vero alleato nella gomma messa proprio sotto al piede, in particolare sotto al tallone; senza di questa non saremmo nemmeno qui a parlarne. (mai provato a correre scalzo?)
Sicuramente una tecnica che permette a chiunque di muovere i primi passi nella corsa senza essere degli atleti professionisti; che questo sia un bene o un male, è sempre di libera interpretazione.
- Atterrando con il meso-piede avremo un impatto più distribuito nel tempo e su più articolazioni; quindi, meno brusco e gestito biomeccanicamente dal sistema piede-caviglia, che ha tutte le caratteristiche per attutire l’impatto, caricare la catena posteriore (tendine d’Achille e polpaccio) e l’arco plantare, per restituire l’energia raccolta in energia elastica per avanzare con la massima economia.
- Chiaramente avremo un sovraccarico della catena posteriore, meno autonomia nel fare tanti km e una tecnica di base necessaria per eseguire tutto in maniera corretta.
Questa un’analisi molto semplificata per capire i pregi e i difetti dell’una rispetto all’altra tecnica; sicuramente parliamo di un atterraggio corretto dal punto di vista fisiologico e biomeccanico e un secondo atterraggio reso possibile grazie alla tecnologia e al marketing legato ad essa. L’invenzione delle moderne scarpe da corsa ne è la risposta; senza le quali saremmo tutti obbligati a correre come la natura ci ha insegnato; ma grazie ad esse oggi un numero enorme di persone corre, ha corso o inizierà a correre.
Una ha reso accessibile la corsa a chiunque, senza tener conto delle possibili problematiche a lungo termine; l’altra sicuramente necessita di una preparazione specifica, di più pazienza e un metodo d’approccio corretto, soprattutto se non si è più dei ragazzini.
Non c’è una verità in senso assoluto, ma sicuramente c’è la strada corretta in base all’obiettivo che vi ponete. Non si tratta di velocità o di distanza, perché si può correre una maratona atterrando di tallone sotto le tre ore, oppure atterrando di medio-piede in 3 ore e mezza; si tratta però di capire quale strada sia più percorribile, quale strada ci porta più lontano evitando se possibile di infortunarci ogni 3 settimane; è chiaro che un atterraggio sotto al baricentro, con il peso in avanti, gestendo le forze di spinta grazie all’elasticità e non alla forza muscolare, sarà sempre più veloce e più efficiente; c’è però sempre da contestualizzare la teoria
con la pratica che abbiamo davanti, ossia trovare la giusta strada per arrivare alla NOSTRA destinazione; che non per forza deve essere uguale a quella di tutti.
Analizzate voi quale sia la strada giusta per voi o in senso assoluto!
Personalmente credo che lo sport serva per rimanere in salute, per star meglio, per evitare infortuni e rimanere in forza per tutta la vita.
Cosa serve finire una maratona se poi non riusciamo a correre per le settimane successive? O ancor peggio dover smettere di correre dando la colpa all’asfalto? Alle ginocchia? All’età? Questo sarebbe una sconfitta personale e non una colpa esterna al nostro controllo.
Cosa fare allora?!
Diciamo che di tallone o di avampiede potrebbe comunque non cambiarti la vita, ma sicuramente, ogni cambiamento, potrebbe renderla più interessante.
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BUONA CORSA!!
Riccardo Tirelli
TRIATLETA – ISTRUTTORE TECNICO DI CORSA